Il 13 aprile a Rimini, sono relatore al Congresso nazionale AICPE – Associazione Italiana Chirurgia Plastica Estetica.
Il mio intervento si concentra sull’applicazione del regime di esenzione IVA, previsto per le prestazioni sanitarie ma spesso contestato dall’amministrazione finanziaria.
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Di seguito una sintesi della mia relazione.
IVA e Chirurgia Plastica
Da qualche tempo l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza stanno eseguendo verifiche fiscali nei confronti dei chirurghi plastici ed estetici su tutto il territorio nazionale, al fine di contestare l’applicazione del regime di esenzione IVA, al quale sono soggette, ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 18) del d.p.r. n. 633/1972, tutte le prestazioni sanitarie e, quindi, anche le prestazioni mediche di chirurgia plastica ed estetica, con conseguente successiva emissione di avvisi di accertamento per il recupero dell’IVA.
La pretesa del fisco è palesemente illegittima e infondata in quanto in contrasto non solo con la normativa nazionale e comunitaria, ma con la stessa prassi amministrativa, alla quale i chirurghi plastici ed estetici si sono adeguati sino ad oggi e che non è stata mai ufficialmente smentita.
In particolare, mi riferisco alla circolare n. 4/E del 2005 dell’Agenzia delle Entrate, nella quale, in merito al trattamento tributario, ai fini dell’IVA, delle prestazioni di chirurgia estetica, è stato espressamente affermato che: «le prestazioni mediche di chirurgia estetica sono esenti da IVA in quanto sono ontologicamente connesse al benessere psico-fisico del soggetto che riceve la prestazione e quindi alla tutela della salute della persona.Si tratta di interventi tesi a riparare inestetismi, sia congeniti sia talvolta dovuti ad eventi pregressi di vario genere ( es: malattie tumorali, incidenti stradali, incendi, etc.), comunque suscettibili di creare disagi psico-fisici».
L’Agenzia delle Entrate, pertanto, ha espressamente e incondizionatamente riconosciuto che (anche) le prestazioni di chirurgia estetica hanno la natura di prestazioni medico-sanitarie, ESENTI DA IVA, senza necessità per il medico di dover fornire alcuna prova di tale natura e delle finalità terapeutiche ovvero di diagnosi, cura e riabilitazione delle prestazioni eseguite.
Ciò, del resto, è stato affermato dall’Agenzia delle entrate all’esito di una approfondita disamina della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE e dei principi enunciati da quest’ultima in merito all’interpretazione dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. c) della sesta Direttiva (direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977) che dispone che gli Stati membri esentano “le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dagli Stati membri interessati”.
L’Agenzia, in questa circolare, ha richiamato alcune sentenze della Corte di Giustizia Europea nelle quali è stato affermato che l’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), non esenta indistintamente tutte le prestazioni che possono essere effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche, ma solo quelle corrispondenti alla nozione di prestazioni mediche che deve assumere, ai fini dell’esenzione, un significato autonomo rispetto al complesso delle attività rese nell’ambito delle predette professioni.