“Discutere 12 punti vuol dire discuterne nessuno. I personalismi fermano sviluppo del calcio”
Quattro big salgono in FIGC e chiedono la Serie A a 18, creando una spaccatura…
“Per ragioni politiche di lotta tra Federazione e Lega chi ha la peggio è il calcio italiano. Queste battaglie, che sono comprensibili su un piano politico, sono incomprensibili sul piano sportivo. Il risultato è che tutto ciò porta a un nulla totale. I presidenti, che sanno come la Federazione abbia un potere di controllo sulla Lega, lasciano come sconfitto il calcio italiano, che continua ad arrancare rispetto al calcio degli altri grandi Paesi”.
La partita politica si gioca sulla volontà d’autonomia della Lega Serie A al netto della FIGC, per poter “parlare” direttamente col Governo…
“Sono d’accordo con l’assegnazione alla Lega Calcio un potere superiore. La FIGC si occupa di tutto il calcio italiano. La Lega invece sta sulle leghe professionistiche. Il business è legato in maniera indissolubile ai risultati. La centralità del business deve essere chiara. Va protetto sì lo sport, incrementando ausili e aiuti per i settori giovanili. Ma il calcio manageriale deve essere gestito da manager”.
È anche un problema di inestricabili e ineluttabili personalismi?
“Questo è un Paese dove tutti minacciano dimissioni e poi nessuno le dà. Invocare le dimissioni altrui è ancora più comico. In altri Paesi ci si dimette per molto poco, con una dignità diversa rispetto alla nostra. I personalismi – ovunque – bloccano lo sviluppo. Il nostro è uno dei Paesi più vecchi del mondo ed è complicato pensare a un grande ricambio generazionale. L’incentivo alla produttività del business è l’unica strada che potrà mettere d’accordo tutti”.